Manuel Antonio Dominguez è nato a Huelva, in Andalusia, dove ha iniziato il suo corso in tecnica decorativa, per poi studiare a Siviglia e Valencia. Fu lì che iniziò a concentrarsi sempre più sui preziosi aquarelli, cominciando a vedere il processo artistico come un mezzo di comunicazione essenziale e insostituibile.
Il lavoro di Manuel si concentra sulla costruzione e decostruzione della mascolinità attraverso un filo rosa, elemento chiave con il quale differenzia e unisce i ruoli e i simboli dell’immaginazione collettiva. L’artista plasma la fune a suo piacimento, da semplice legame, a rappresentazione del sangue o dell’organo sessuale maschile. Le sue immagini generano una certa confusione, l’ambiguità è sovrana, lo sguardo dell’osservatore viene deviato attraverso mille piccoli dettagli e diventa subito insistente.
Intervista di Alex Vaccani
É divertente il modo in cui ho scoperto i tuoi lavori, circa un mese fa mi trovavo a Berlino e all’improvviso sono passato davanti ad un muro pieno di vecchi poster ed uno in particolare ha colpito la mia attenzione. Era il disegno di un soldato e portava la tua firma. Cosa ci faceva un tuo poster appeso per le strade di Berlino, vivi lì o hai fatto una mostra?
Mettere immagini dei miei lavori sottoforma di poster per le strade è stato il mio piccolo contributo al paesaggio berlinese. Ho trascorso un mese a Berlino, prendendo parte allo sviluppo di una residenza artistica ed al Festival48 Stunden Neukölln. Attualmente è possibile vedere il lavoro svolto durante il mio soggiorno al Kleiner Salon al 42 di Manteuffelstraße.
Mi parli del tuo background?
Gran parte della mia arte nasce dall’immaginario sociale che possediamo circa la formazione della mascolinità. Nel processo della mia educazione artistica è stata davvero importante comprendere i generi, la cultura queer e la sua storia. A questo proposito quello che mi ha spinto a dedicarmi all’arte è sempre stata la possibilità che mi offre nel dire e fare cose che in altre circostanze trovo difficile sviluppare e rivelare. Non posso tralasciare il fatto che alcuni artisti hanno nella loro produzione un profilo fortemente etnografico come Gilbert e George, Robert Mapplethorpe o Paco y Manolo.
Una corda rosa è in quasi in ognuno dei tuoi disegni, come mai tutto è legato? Che mi dici in proposito?
La corda è un simbolo che io uso spesso come elemento di legame che imprigiona o come materia che plasmo dandogli una forma.
Simbolismo e tanti e piccoli dettagli, religiosi e naturali sono presenti nei tuoi disegni, come mai?
Uso i simboli perché la transizione nel mio lavoro parla dei simboli, soprattutto dell’iconografia della mascolinità e della sua costruzione. In molti casi questi simboli nascondono da tabù e idee che mettono a disagio e che nelle mie opere cerco di sovvertire o di dar loro un significato nuovo mettendoli in relazione con gli altri. Collegando al colore rosa per esempio l’iconografia religiosa, le piante o gli animali, cercando di spiegare ed inquadrare il significato simbolico di questo colore.
Hai ben in mente l’idea del soggetto che vuoi rappresentare nei tuoi disegni o emergono naturalmente mentre inizia a creare? Quando capisci che un disegno è concluso?
Spesso comincio con l’idea che voglio rappresentare e a volte trovo una relazione inaspettata. La creazione del disegno è qualcosa d’organico, lavoro le parti mentalmente in maniera singola, e poi le assemblo come una sorta di collage. L’aggiunta d’elementi offre un guadagno direzionale diverso fino a quando il gioco finisce.
Molto spesso la forma della corda accumulata ricorda la forma di un pene, gli organi sessuali maschili si possono chiaramente vedere rappresentati nei tuoi disegni me ne parli?
Il pene, in particolare il pene in erezione è un altro dei simboli maschili che uso nel mio lavoro. Come con gli altri elementi, è decontestualizzato proprio per mettere in discussione il suo significato. In questo modo, cerco di minare la sua autorità, ridicolizzandone la sua forza. Il pene appare debole, spesso circondato da strutture, architetture o funi che aiutano a tenerlo su.
Mi descrivi il tuo mondo?
Non è rosa. Credo che se avessi un mio “mondo” dovrebbe essere pieno di ironia, anticonformismo e anche di un realismo sospetto e avrebbe sicuramente una colonna sonora.
Come è Manuel Antonio Dominguez?
Sono tra coloro che si siedono in fondo ad una conferenza, una spigolatore dell’oggetto trovato, una persona che ha ereditato l’essere un buon narratore trascendentale e che sta cercando di approdare ad un campo artistico.
Hai mai considerato l’idea di fare un libro con tutti i tuoi disegni?
Mi piacerebbe, ma oggi è molto costoso e complesso. In ogni caso, la speranza di avere un giorno l’opportunità di farlo c’è.
Come mai hai deciso di usare la tecnica dell’acquarello?
Questa è la tecnica con la cui sono cresciuto e mi offre l’opportunità di avere uno studio mobile, l’unione delle tecniche ad acqua con la carta sono quelle con cui mi trovo meglio.
Ho apprezzato il tuo video Crazy Horses l’ho trovato molto erotico, dove c’è un uomo con un abito rosa che imbocca attraverso il buco di un pannello di legno un uomo in abito scuro, inginocchiato. Direi una sorta di Glory Hole culinario. Mi racconti il tuo punto di vista?
Con questo video ho preso parte alla mostra”Del mismo Modo, en el sentido contrario” (Allo stesso modo, nella direzione opposta). Ero veramente interessato a mostrare attraverso il chiaro riferimento ad un Glory Hole certi giochi di dominazione e di schiavitù generati dalla stessa persona. Un’azione privata con un certo tipo di cibo.
Da dove nasce la tua ispirazione?
Tutto comincia con la costruzione dell’immagine pubblica che abbiamo dell’altro e anche dal presupposto dell’ambiente che ci circonda. Ciò che può colpire maggiormente il mio lavoro è il quotidiano, quello che ho letto, ciò che accade, ciò che provo come persona che vive tra differenti ambienti e che cosa può scatenare le allusioni della pubblica visibilità della privacy e le paure.
Quando eri bambino a scuola mentre l’insegnante parlava eri tu quello che stava a disegnare tutto il tempo? Che tipo di disegni facevi?
Non disegnavo durante le lezioni ma ero quello che faceva i disegni ai miei compagni di classe. Tutti i tipi di disegni, da guerrieri, agli unicorni, ma quello che preferivo disegnare per loro erano soggetti a tema scientifico.